TORINO, 9 dicembre 2020 – Appuntamento imperdibile per gli amanti del rock ed in particolare dei Pink Floyd. Questa sera alle 21, in diretta streaming sulle pagine Facebook dei Circolo dei Lettori e del Circolo della Musica, il critico musicale Maurizio Blatto analizzerà “Wish you were here”, brano musicale dello storico gruppo britannico che si è formato all’inizio degli Anni Sessanta. La canzone, quarta traccia dell’omonimo album, è stata pubblicata nel 1975 dalla casa discografica Harvest Records.
Il significato della canzone rock “Wish you were here” dei Pink Floyd
Come la maggior parte dei brani dell’album, “Wish you were here” è dedicata a Syd Barrett, fondatore ed ex frontman della band allontanato nel 1968 a causa di seri problemi mentali causati dal continuo abuso di droghe. Un vizio che, oltre alla sua salute, aveva compromesso anche la sua partecipazione ai concerti ed al lavoro in studio.
“Wish you were here” significa “Vorrei che tu fossi qui”. E proprio quel “tu” all’interno del titolo è stato oggetto di numerose speculazioni. Nell’introduzione, infatti, si sentono dei suoni confusi. Come quelli di varie stazioni radio e come se qualcuno stesse provando a cambiare frequenza nel tentativo di trovare quella giusta.
Fino a trovare una stazione in cui due persone, un uomo ed una donna, discutono. Si sposta quindi nuovamente la frequenza e si arriva ad una stazione radio che accenna la quarta sinfonia di Čajkovskij. Con questo i Pink Floyd intendevano creare una sorta di atmosfera introduttiva. A quel punto, poi, si passa al suono un po’ disturbato di una chitarra acustica. Poco dopo un’altra chitarra si aggiunge e a quel punto il brano entra nel vivo e mostra tutta la sua energia.
Biografia di Maurizio Blatto
Classe 1966, Maurizio Blatto vive a Torino dove gestisce “Backdoor”, un negozio di dischi meta di pellegrinaggi da tutta Italia. E’ una firma storica della rivista musicale “Rumore” ed è presente ovunque si discuta di pop indipendente inglese. Nel 2010 ha pubblicato con la casa editrice Castelvecchi “L’ultimo disco dei Mohicani”. Blatto è conosciuto nel settore come “il crooner del giornalismo musicale”.