CHIERI, 12 settembre 2015 Cenare in jeans, riscoprendo la storia chierese, con l’obiettivo di rilanciare l’economia locale, facendo in più solidarietà. Ha un nobile scopo la cena a tema che la pasticceria Avidano, di piazza Umberto I a Chieri ha organizzato, per sabato 12 settembre, alle 19,30 in occasione della notte bianca “Settembre in jeans” delle feste patronali.
Avidano, in collaborazione con l’agenzia Kommerce Adv, il patrocinio del Comune di Chieri e altri commercianti della piazza (Goove Move cafè, Ciaudano, Miti e Cafè Umberto I e Lovin mama) hanno pensato a una cena, in jeans e camicia bianca, (costo 15 euro, info e prenotazioni 011.947.83.54) per ricordare ai concittadini e non solo, l’origine chierese del denim. Ai partecipanti è chiesto però uno “sforzo” in più: portare i propri jeans in disuso per allestire scenograficamente la piazza, stendendo ai fili sospesi, come la biancheria pulita nei cortili di una volta, i pantaloni. A fine serata poi l’abbigliamento raccolto andrà in beneficenza al Comitato Medjugorje di Chieri.
«L’evento va in tre direzioni – rammenta Marco Avidano della pasticceria omonima – Organizzare una cena a tema, seguendo anche un po’ la scia delle cene in bianco, ma mettendo qualcosa in più. In primis evidenziare la tradizione chierese, forte delle industrie tessili»
Infatti fin dal Medioevo il jeans ha reso celebre Chieri in tutto il mondo. La città delle cento torri, è stata infatti anche la città del fustagno e dei telai.
Quest’anno si festeggiano i settant’anni del ritrovamento nel 1945 del manoscritto sull’arte del Fustagno, in cui sono riportati oltre agli Statuti dell’Arte del Fustagno del 1482, i verbali delle sedute della Corporazione dalla sua costituzione al 1591.
Chieri, già nel XV secolo era in concorrenza con la città di Nimes, ( da cui deriva il nome denim), per la produzione di un fustagno molto robusto di colore blu, tinto col guado o gialdo ( da cui derivano molti dei nomi di via e zone di Chieri) spedito in America da Genova, il famoso blue de Genes.
Per tutto il secolo XVI l’attività tessile di Chieri resta un pilastro portante per l’economia.
Il commercio di importazione di cotone grezzo e di esportazione di prodotti finiti ha una ricaduta positiva sull’occupazione locale, sia per chi lavora a tempo pieno sia per chi lavora a tempo parziale integrando l’insufficiente reddito agricolo.
Il beneficio si riversa in primo luogo su Chieri e poi sull’economia di tutto lo Stato sabaudo che grazie all’esportazione del fustagno chierese registra un attivo nella bilancia commerciale. I tessitori chieresi consapevoli di questo, iniziarono a chiedere e ottenere dai Duca di Savoia, privilegi ed esenzioni. (da “La Tabasso storia di un orgoglio cittadino”, testo di Mitti Baiotti in collaborazione con il Comitato Tabasso)
Nei verbali della Corporazione del Fustagno si afferma che grazie a questa attività manifatturiera lavorano la maggior parte dei chieresi. Nel primo ventennio del 1500, a causa delle guerre ma soprattutto delle grandi epidemie e carestie molti mercati chiusero. E in pochi continuarono il commercio.
Si occupavano di fustagno, lana e pelli il nobile Giò Giacomo Benso, Francesco Sartori, Giovanni de Cepo e Goffredo Benso. Quest’ultimo è uno dei pochi chieresi che impegna dei capitali in imprese ad alto rischio come sono quelle del Mediterraneo e nell’Oceano Atlantico, tentando di avviare un commercio di scambio con gli insediamenti europei in Brasile, portando tessuti e riportando quel legno rosso per tingere da cui appunto il Brasile prende il nome.
A Lione nel 1522-23 giungono dal Piemonte e dalla Savoia 1638 pezze di fustagno. A Genova nel 1530 giungono da Chieri, presumibilmente per il commercio con l’Oriente e le Americhe, 75 colli di fustagni. Dalla documentazione dei verbali nell’arco di un centinaio d’anni emergono molti dati relativi alla gestione del potere, alla composizione dei gruppi dirigenti e all’affermazione sociale dei fustanieri. L’attività cotoniera era diventata rapidamente la più diffusa e importante tra le attività tessili chieresi, ma non era l’unica c’erano anche il cotone e la seta. (da “La Tabasso storia di un orgoglio cittadino”, testo di Mitti Baiotti in collaborazione con il Comitato Tabasso)
«Quello che ci piacerebbe creare non è un singolo evento – ipotizza Kevin Foresto, di KommerceAdv – Ma ragionare con le altre città diventate famose per il jeans, come appunto Genova e Nimes e realizzare con loro un progetto internazionale e di più ampio respiro proprio per ridare valore alla tessitura».
Ma la prima Cena in Jeans terminerà con un gesto benefico: «Il valore mediatico di queste iniziative permette anche di lavorare sul sociale – precisano gli organizzatori- Abbiamo chiesto ai partecipanti di portare dei vecchi jeans. Serviranno per allestire la piazza e a fine serata saranno donati al Comitato Medjugorje. Ci piacerebbe in futuro fare ancora di più. Accordandoci con delle aziende locali, aderendo magari a dei bandi europei, per creare delle edizioni limitate in Denim da vendere durante gli eventi il cui ricavato possa andare in beneficienza».
Questo permetterebbe anche di creare lavoro sul territorio: «Potrebbe essere lo stimolo per rilanciare la tessitura chierese, puntando nuovamente sul jeans made in Italy e mettendo in sinergia comuni e aziende».