“La parole sono importanti”, diceva Nanni Moretti in “Palombella Rossa”.
Peccato che a volte siano gli stessi comunicatori a dimenticarsene.
La comunicazione fa la differenza, questo è il nostro motto, soprattutto oggi, che siamo subissati di informazioni, ed è necessario distinguersi.
Le agenzie e i giornalisti lo sanno bene. Un titolo creativo, un’immagine forte, il giusto hashtag possono determinare la riuscita o il fallimento di un’intera campagna di comunicazione. Ma quale conseguenze determina talvolta la “creatività” di certi comunicatori?
Parliamo di sesso. Si perchè diciamo la verità, siamo tutti un po’ guardoni. Se qualcosa stimola la nostra fantasia, siamo pronti a “cliccarci su”.
E su questo le agenzie ci vanno a nozze, al punto che non si accorgono neanche più della differenza tra il “gioco” e il “reato”.
Reato forse è un termine forte, ma non lo cambio. Perchè un messaggio subliminale, a mio avviso, non va troppo lontano dalla cosiddetta “istigazione a delinquere”.
L’ultimo caso è quello dell’hashtag #trivellatuasorella, campagna creata da un’agenzia di comunicazione per promuovere il “si” al referendum del prossimo 17 aprile, contro le trivellazioni in mare. In pratica i “creativi” hanno scelto la facile via della rima baciata e dello slang per far parlare di argomento sempre poco conosciuto come i referendum.
Sebbene nella teoria potessero aver intrapreso la giusta strada, il risultato che hanno ottenuto è stato però devastante: hanno umiliano (senza ragione) la figura della donna, deviando l’attenzione dal messaggio che volevano comunicare.
Quello che hanno ottenuto è stata quindi una pessima pubblicità come agenzia, dimenticando che il loro obiettivo non era inventare una tendenza, ma sensibilizzare all’ambiente.
Talvolta è sempre meglio la semplicità cosa ne pensate?
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