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ARFID e Autismo: la relazione con il cibo 

Nel vasto panorama delle esperienze umane, il rapporto con il cibo va ben oltre il mero atto di nutrirsi. Per molte persone, il cibo rappresenta un ponte verso la cultura, il comfort, e l’affetto. Tuttavia, per coloro che vivono con disturbi dello spettro autistico (ASD), questo rapporto può assumere sfumature complesse e uniche. Mangiare è un’esperienza multisensoriale, ma in che modo viene percepito dalle persone con autismo e quindi più sensibili a input sensoriali? 

Il disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione del cibo, o ARFID, non si verifica però esclusivamente in persone affette da autismo ma è comune anche in bambini e adolescenti neurotipici.

L’ARFID avviene solo con autismo?

Secondo una ricerca del 2017, 90% delle persone con autismo sono ipersensibili a quasi ogni modalità sensoriale. Questa sensibilità può influire sui comportamenti alimentari degli individui e, talvolta, svilupparsi in un vero e proprio disturbo alimentare.

Il disturbo è stato riconosciuto ufficialmente nel 2013, incluso nel DSM-5, e può essere suddiviso in tre sottotipi. Alcuni tendono ad evitare il cibo per una mancanza di interesse per il mangiare, altri per motivi sensoriali e altri ancora per via della paura che possa succedere qualcosa di grave, per esempio il soffocamento. Questi tre profili, tuttavia, non si escludono reciprocamente.

La diagnosi di ARFID si pone quando si verifica un persistente fallimento nel soddisfare le necessità nutrizionali ed energetiche nell’individuo. Talvolta, il disturbo si risolve durante l’adolescenza quando il mangiare diventa legato al legame sociale, ma in altri casi può richiedere un’attenzione clinica aggiuntiva. 

In che modo ARFID e autismo solo legati?

ARFID e autismo non sono la stessa cosa, tuttavia il 21% di persone con autismo sono affette anche da ARFID. Questo collegamento può essere dovuto all’ipersensibilità agli input sensoriali, la quale può portare tali persone a evitare cibi che causano disagio sensoriale a causa della consistenza, l’odore o il sapore; la neofobia, o paura di provare cibi nuovi; e rigidità nell’alimentazione, come non volere che certi cibi si tocchino o si contaminino.

L’ARFID può avere conseguenze alquanto gravi: perdita di peso significativa, deficit nutrizionale e la marcata interferenza con il funzionamento psicosociale. Attualmente, nessun approccio terapeutico cognitivo-comportamentale ha ricevuto conferma scientifica o è stato validato dalla ricerca clinica.

L’importanza della consapevolezza

Essendo un disturbo relativamente nuovo e avendo molte intersezioni con lo spettro autistico, è importante sensibilizzare il pubblico sulle difficoltà che alcune persone possono incontrare nel mangiare e nel percepire il cibo. Molte persone faticano a comprendere coloro che hanno questo tipo di difficoltà, categorizzando loro come “selettivi” o “schizzinosi”. La consapevolezza può essere cruciale per aiutare coloro affetti o prevenire completamente lo sviluppo del disturbo.

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Patrick Fasolis

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