La Giornata della Memoria celebra le vittime dell’Olocausto. Milioni di persone a cui è stata tolta la libertà, i diritti e la vita. Spersonalizzati e ridotti a una sequenza di numeri tatuati sulla pelle o cuciti sulla casacca a righe.
I simboli dell’Olocausto sono moltissimi; come i triangoli cuciti sulla stoffa a cui è stato dato un significato diverso. Ogni figura doveva stigmatizzare una condizione che all’epoca era considerata un reato.
Le storie dell’Olocausto rinchiuse in un triangolo di stoffa
Durante la prima fase della deportazione a ogni prigioniero era affidato un triangolo di stoffa colorato. Ogni colore raccontava una storia, considerata reato durante il regime. Il rosa identificava le persone gay, il marrone la comunità Rom e il nero gli asociali. In questa categoria rientravano gli etilisti, i vagabondi e i disabili. Anche le donne e le prostitute erano identificate con il triangolo nero.
Per contrassegnare i prigionieri politici si utilizzava il colore rosso. Essi venivano fermati con la motivazione del “fermo protettivo”, pretesto utilizzato per arrestare tutti coloro che si opponevano al regime. Il colore blu, invece, toccava a chi era espatriato perché contrario dall’ideologia del Führer. Purtroppo però, in quei casi, gli esuli erano costretti a tornare in patria perché il regime minacciava le loro famiglie.
Anche chi aveva un’altra fede religiosa era perseguitato. Oltre al doppio triangolo giallo sovrapposto che rappresentava la Stella di David quindi la fede ebrea, c’era anche il triangolo viola che identificava i testimoni di Geova.
L’esplosione del sistema dei colori
L’utilizzo dei triangoli colorati cambiava in base al campo di concentramento e al periodo di detenzione.
Questo terribile sistema di identificazione iniziò a scomparire con l’arrivo di numerosi deportati da vari paesi. Quando i campi di concentramento iniziarono a essere densamente popolati il sistema iniziò a incrinarsi e cadde in disuso. Con il progressivo sgretolarsi del Terzo Reich anche questo sistema di identificazione era destinato ad andare in disuso.
I simboli dell’olocausto non raccontano solo l’orrore, ma anche il coraggio di tutti i deportati che hanno avuto la forza di resistere e di non rinnegare mai la loro storia.
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